Bella mi' Pisa ...

Mi garba scrive' in Pisano. E' la mi' lingua e quando la parlo sto dimorto bene, come un muggine a Bocca d'Arno quando passano le cèe ...

Nome:
Località: Pisa, Italy
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28 settembre 2007

Lavavetri ar semafero

In una mano una boccettina d’acqua e sapone,
nell’artra un’affarino lungo per puli’ ‘ vetri.
A vorte fan finta d’un capi’ ir “no” delle persone,
ma è la fame che l’ha spinti su que’ venti metri.

A noi, se piove, ci pòr sporca’ la macchina,
o ar più ci pòle rovina’ la scampagnata.
Per loro vor di’ sopporta’ dello stomào la macina,
e rimanda’ ir mangia’ d’una giornata.

Ir sindào di firenze, la mente sopraffina,
s’è arzato a bùo ritto e t’ha fatto la penzata.
Gl’è viensuta ‘osì, dalla sera alla mattina,
un’ordinanza ‘ngiusta e sciagurata.

T’ha proibito a quella poèra gente
di pote’ ffa’ quel lavoro duro,
che più d’un lavoro era un sarvagente,
da svorge’ nell’attesa d’uno più sïuro.

Allora glielo mando io ar sindào ll’agurio, si …
ma d’anda’ colle pezze ar culo a vive ‘n un tugurio.
Che vengano anco per lui de’ giorni tetri
da passa’ tutti ar semafero … a lava’ ‘ vetri !

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Ir Muggine e l’Anguilla

C’èra ‘na vòrta, tanto tempo fa, Mugginetto che, come dice ir nome era propio un mugginetto e stava di ‘asa a Boccadarno.
Era fortunato e lo sapeva. Su’ pa’ gniel’aveva detto, sin da quand’era pöo più grande d’un crognolo, che ‘un era da tutti pote’ vive’ in un posto der genere. Tutti i giorni, da piccino, andavano assieme a fa’ ‘na giratina fin’ in fond’a Marina … guasi a Tirrenia. Sguazzavano vicino agli scogli in gruppetti di una diecina, tutti belli in formazione: i più grandi davanti a spiana’ la via, e’ più piccini dietro a ride’ e scherza’. Ma lui, Mugginetto, ‘un ci voleva sta’ mai dietro; voleva sta’ sempre accanto a su’ pa’, “perché davanti si vede meglio”, diceva sempre. Una vòrta alla settimana però, se ‘r tempo lo permetteva (cioè se ‘un c’erano piène) andavano a Pisa, risalendo la ‘orrente dell’Arno. Su’ pa’, prima di parti’, s’arraccomandava sempre: “Ora si va a Pisa. Vedi di fa’ ammodino per la via. Va bene giöa’, ma senza esagera’. Sennò poi la senti tu’ ma’ quando si ritorna !”.
Ma cosa vòi … hai voglia te di raccomandassi ! Nisba … ‘un c’era verso di fassi ‘ntende’: come ‘nviavano a risali’ la foce, ogni ‘osa doventava un giöo e, tempo du’ menuti, i mugginini c’avevano le gaggette tutte motose.

Ora dovete sape’ che uno de’ divertimenti più grandi de’ mugginini è quello di giöa’ a rimpiattino. Ir giöo assomiglia a quello de’ figliòli delle persone, solo che è tutto sott’acqua: uno de’ mugginini si mette accanto a uno scoglio, accost’ar quale prima c’hanno portato un piombo da pesca, di quelli che i pescatori usano colle ‘anne da lancio. Via via ne perdono quarcuno, e ‘ mugginini fanno a gara chi ne trova di più. Mugginetto c’aveva la ‘ollezione di piombi, piombini e sugherini. Su’ pa’ collezionava ami e ancorine. Le teneva dentro un armadietto chiuso a chiave e aveva dovuto chiede’ un permesso speciale per tene’ in casa quella robba perïolosa.

Per giöa’ a rimpiattino, un mugginino si mette cor muso verso lo scoglio, per ‘un vede’ dove si vanno a rimpiatta’ quell’artri e ‘nvia a conta’ fin’a dieci. Dieci basta, perché i muggini sono lesti a nascondessi. Ner mentre quello ‘onta, ti farei vede’ l’acqua che pó’ pò’ di lavorìo … sembra ‘he ribolla !
Una vòrta ‘rivato a dieci, dice a arta voce “Chi c’è c’è, chi ‘un c’è s’arrangia !” e poi si mette a cerca’, in quell’acqua ritornata improvvisamente carma, per vede’ di sgama’ dove s’ènno rimpiattati i su’ amici. Quando ne vede uno, nòta a tutto bordone fin’ar piombo e grida “Piomba Gozzetto” o “Piomba Pinna” … ‘nzomma “Piomba” e poi ir nome di chi ha sgamato. Ir primo a esse’ piombato, poi ni tocca conta’ a lui ar giöo dopo. Di ‘uelli nascosti, se quarcuno riesce a ‘riva’ ar piombo e grida’ “Piomba” senz'esse’ prima “piombato”, allora è sïuro che doppo ‘un gni tocca conta' a lui. Tutti quelli piombati, stanno li a aspetta’ che ir giöo finisca, per pote’ rïomincia’. Anco se sei stato piombato, ‘un è mïa detta l’urtima parola ! L’urtimo, che ‘un è stato ancora piombato, e che è ancora da sgama’ da dietro a quarche scoglio, pòle annulla’ tutte le piombature precedenti, se riesce a fa’ “Piomba liberatutti” senza esse’ piombato. Detto ‘osì pòr sembra’ difficile, ma ‘nvece è un giöo facile e divertente.
Ir nostro Mugginetto era come tutti quell’artri mugginetti, solo che aveva la fortuna di sta’ di ‘asa propio a Boccadarno e da li, in du’ balletti poteva anda’ in mare o in Arno … a piace’ !

Le cèe ‘nvece ènno tutte più sofistïate. Loro ‘un nascano mïa a Boccadarno ! No, loro nascano ner “Mar de’ Sargassi” e, per veni’ a Pisa, sguazzano nell’Oceano. Prima di parti’ le loro mamme ni spiegano ammodino la strada per veni’ a Pisa armeno du’ o trecento vòrte. Gliela fanno ‘mpara’ a memoria. Puppano e ‘mparano la via per Pisa: ‘un fanno artro, dalla mattina alla sera.
E ‘nfatti poi a Pisa c’arrivano a occhi chiusi, ma mïa per modo di di’ … arrivano tutte in gruppo a pelo d’acqua, sculettanti ti farei vede’, cor nasino all’insù e coll’occhi chiusi, per fa’ vede’ che loro hanno studiato, … mïa come i muggini !
Alle cèe, poi si sa, ni garba giöa’ a “Moscacèa”, mïa a nascondino !
Ci stanno a ore 'ntere. Una cèa viene bendata con un filino d’arga; tutte quell’artre ni girano ‘ntorno (a vedélle sembrano una palla di cèe) e lei deve riusci’ a toccànne una ‘olla ‘oda. Se ce la fa, quella toccata viene bendata e poi tocca a lei a sta’ ner mèzzo.

E fin’a qui nulla di strano: i muggini da ‘na parte e le cèe da quell’artra.
Quelli a rufola’ ir muso nella rena e quell’artre a lisciassi da tutte le parti.

Ma quello che successe ar nostro Mugginetto fu quarcosa che rimase nella storia di Boccadarno.
Ancora oggi quarche vecchio muggine la racconta a su’ nepotini e tutti lo stanno a senti’ boccheggiando coll’occhi spalancati. Anco doppo ‘he ir racconto è finito, rimangano in quer modo ellì per quarche menuto. Vi sarà capitato anch’a voi di vedelli ‘osì, no ?

Ora ve la racconto anch’ a voi, ma m'arraccomando poi ‘un indate a giro ‘oll’occhi spalancati e la bocca aperta, va bene ?

Tutto ‘ominciò una sera quando ir nostro Mugginetto stava per mettesi a letto.
La finestra di ‘amera sua dava sull’Arno, proprio alla foce.
Prima d’infilassi sotto a’ lenzoli, era solito butta’ un’urtima occhiata fòri alla finestra per vede se la ‘orrente era lenta, se la superficie era ‘ncrespata, o se ll’acqua s’era intorbidita. Cercava di ‘api’ come sarebbe stato ir giorno dopo. Quella sera aveva ‘ntuìto che stava per arriva’ una piena d’Arno di ‘uelle estrastrònghe. Su’ pa’ aveva chiuso l’uscio di ‘asa a du’ mandate, e ‘n più c’aveva appuntellato anco ‘na seggiola. Poi n’aveva dato la bònanotte, cercando di mostrassi tranquillo ir più possibile, ma quer vecchio muggine era come un libro aperto per ir nostro Mugginetto, che riusciva a capi’ ir su’ stato d’animo anco sortanto dar movimento delle pinne. La tenzione era parpabile quella sera a casa Muggini. Ir nostr’amïo s’era messo nel letto ‘olle ‘operte tirate su fino ‘n cima. Aveva lassato solo un bùo per guarda’ con un’occhio la finestra.
Pian piano ir sonno stava avedo la meglio sur timore e la parpebra ‘ominciava a fassi pesante. S’abbassava piano piano e, quando ‘rivava ‘n fondo, si riazava di ‘orpo. Fra pòo si sarebbe addormentato. D’un tratto l’occhio rimase spalancato a fissa’ la finestra. Quarcosa era passato li davanti: quarcosa di sottile e trasparente s’era fermato per un attimo a guarda’ dentro alla su’ finestra.
L’aveva visto che stava rintanato sott’alle ‘operte, aveva sorriso e … era scappato !

Ir tempo di rendèssene ‘onto e ir sonno era bèll’e che ito.
Uno scossone alle ‘operte e via, alla finestra a guarda’ di fòri.
Stette li, cor naso appiccïato ar vetro, per quarche menuto.
Poi la rivide, un po’ più ‘n la, che notava bassa sur fondo, un po’ abbacchiata.
Era una ceìna e si vedeva che s’era spèrza.
Era rimasta da sola: la risacca l’aveva sballottata sugli scogli e ora vagava ar buio sur fondo dell’Arno, ignara dell’ondata di piena che stava per arriva’. Era in perïolo e ‘un c’era un menuto da perde’.
Una ‘odata alla seggiola, du’ giri di chiave e Muggineto era già fòri.
Per fortuna era una notte di luna piena e un cincinnino di luce riusciva a firtra’ anco sur fondo dell’Arno: o dov’è o dove ‘un è, alla fine la rivide !
Era svenuta dalla fatïa e la risacca la stava portando perïolosamente vicino a degli scogli dove si sapeva che c’abitavano du’ favolli pöo raccomandabili. Preso ir coraggio a du’ pinne, ir nostro Mugginetto andò verso gli scogli e fece giusto ‘n tempo a raccatta’ la povera ceìna e scappa’, che già era sortito un favollo, colla ‘hela tutt’aperta già pronta a corpi’. Mugginetto rientrò in casa di ‘orsa, ‘olla ceìna sur una pinna, ancora svenuta. Su pa’ lo vide entra’ cor fiatone e colla ceìna sulla pinna. Mugginetto ‘un cela faceva a parla’: guardava su’ pa’ e coll’artra pinna gl’indïava la ceìna svenuta.
Arrivò anco su’ ma’ che capì tutt’ar volo e corse a prende’ la ceìna. La portarono sur un letto, la riscardarono ‘olle ‘operte e così, piano piano, si riprese.
Appena aprì ll’occhi e vidde tutti que’ muggini ‘he la fissavano ‘olla bocca aperta, tirò un pó’pò’ d’urlo che li fece scappa’ tutti sott’alle seggiole. A quer punto, Babbo muggine, gli disse: “Carma … carma … ‘un ti si mangia mïa … o per chi c’hai preso ???”
Ci volle ‘un bèr po’, ma alla fine riuscirono a carmàlla e a ragionacci.
Gli spiegarono cos’era successo e come mai era dentro alla ‘asa de’ muggini.
Lei allora gli raccontò che tutte le su’ sorelle erano state pescate e che lei era riuscita a sarta’ dalla ripaiola all’urtimo momento, ma un’onda l’aveva fatta picchia’ s’uno scoglio.
Era sïura d’èsse riuscita a ritrova’ la via di Pisa quando aveva visto la loro ‘asa, ma poi la ‘orrente, ir buio, la stanchezza avevano avuto la meglio sulle su’ piccole forze.

La piena passò e Ceìna, la ceìna, fu adottata dalla famiglia de’ Muggini.
Doventò grande assieme a Mugginetto, ar quale s’affezzionò dimorto, ma dimorto davvero !

Un giorno però, mentre erano li che desinavano, si fece come buio.
Sembrava che ci fosse un’ecrisse.
Andarono tutti alla finestra e videro che fòri c’erano de’ branchi enormi d’anguille ‘he lasciavano l’Arno per anda’ verso ir mare: era la migrazione verso ir Mar de’ Sargassi.
Ceìna, ‘un era più una ceìna, ma ‘na bell’anguilla tutta ‘urve.
Anco Muggunetto ‘un era più un pescetto da frittura, ma un bèr muggine argentato.

Ceìna sentì ir richamo della natura e disse che doveva anda’ con quell’artre anguille … ‘un ci poteva fa’ nulla … ci doveva anda’ … per forza !
Mugginetto ci provò ‘n tutte le maniere a falla ragiona’ … ma ‘un ci fu verso di ‘onvicela. In fondo ‘un era mïa ‘orpa sua: era una regola della vita dell’anguille !

Mugginetto allora fece una ‘osa che nessun artro muggine aveva mai fatto: salutò su’ ma’ e su pa’ e andò dietro a Ceìna. La raggiunse pöo prima ch’entrasse ner nugolo dell’anguille e quella fu l’urtima vòrta che li viddero: pinna nella pinna s’avviarono verso ir mare aperto.
Non tornarono più, ma si dice che, quando arrivarono ner Mar de’ Sargassi, tempo du’ mesi si sposarono e misero su famiglia. Nessuno a Boccadarno ci credeva, fino a quando un giorno furono visti arriva’ dar mare delli strani pesci. Erano mèzzi muggini e mèzzi anguille. Chi li voleva chiama’ “Anguilluggini” e chi “Mugginille”. Ancora oggi si devano mètte’ d’accordo sur nome da dagli, ma da quer giorno, con grande sollievo, fu chiaro a tutti ‘ome erano ite a rifini’ le ‘ose tra Mugginetto e Ceìna.

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24 settembre 2007

Irripetibile

Dedïato a quer po’po’ di ‘apolavoro di gò fatto da Raimondi-Castillo in Mantova-Pisa der 22 Settembre 2007.


Ecco Gabriel palla ar piede.
Ecco Nacho che lo vede.

Tira Gabrièl alto e lungo;
Corre Nacho forte forte.

Sale ‘n cièlo quer pallone;
fa un bèr volo pilotato.
Fa sta’ tutte le persone
con ir fiato trattenuto.

‘un pòl’esse’, è troppo bello:
c’è già Nacho a’ aspettàllo.

Senza fagli tocca’ terra,
quàr che fosse un bell’inchino,
alla palla un corpo sferra
e la ‘nzuppa per benino.

Ha volato quer pallone
e per sempre volerà:
ne’ rïòrdi un’emozione
tra tant’anni accenderà.

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10 settembre 2007

Colla réna ne' pièdi

(Dedïato a’ Pisani ‘ostretti a vive’ lontano dar mare)

Preambolo
Ir senso di smarrimento che piglia l’emigrante quando si trova a dove’ vive’ lontano da propri posti, è comune a tutti i popoli. Si fanno strani penzièri e s’invia a ragiona’ su de’ partïolari che a casa nostra ‘un si sarebbero mai ‘onsiderati. Ir Pisano poi, è strano sòdo: quand’è a Pisa, è capace, ar mare ‘un ci penza mai, ma appena si trova a dove’ vive’ troppo lontano dalla ‘osta, ecco che gli piglia ‘r magone.
Ir fatto è che, a noi Pisani, pe’ vive’ tranquilli, ci basta di sape’che ‘r mare è lì a du’ passi; sape’ che, se ci piglia lo schiribizzo d’andacci, in du’ balletti ci si pòle arriva’. Tornati dar mare poi, un po’ di réna fra ‘ diti de’ piedi è scontato 'he ci sia, anzi, se ‘un ci si trovasse, ci sembrerebbe strano e c’assalirebbe ‘r dubbio d’èsseci sognati d’ugni ‘osa e che, ar mare ‘un ci siamo mïa stati.
E’ come chi ar gabinetto s’arza, ‘onvinto d’avélla fatta, si gira e ‘un cela trova !!!


Noi Pisani, ir mare,
ci s’ha ner ceppïone.
E ‘un si tratta mïa di crema solare,
ma di réna e solleone.

A vòrte, destino ‘nfame,
ci tocca trasloa’:
per ‘un mori’ di fame,
si sa, e bisogna lavora’.

Se poi s’ha la scarogna
d’anda’ propri’ a rifini’
ner mèzz'alla ‘ampagna,

se da ‘na parte si pòr gioi’,
che finarmente si guadagna,
da quell’artra, lassatemelo di’:

c’avremo anch’ a che fa’
co’ Mister e le Milèdi,
ma di sïuro vì, nessuno c’ha
la réna ‘n mezz’ a pièdi.

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03 settembre 2007

Ir perdono

Dice … che per esse’ un bòn cristiano, bisogna sape’ perdona’.
Dïo io … bòni si, ma mïa ‘oglioni !
Anco ner perdona’ bisognerebbe ave’ criterio,
sape’ trova’ la giusta via di mezzo,
tra l’intransigenza der castigamatti e la ‘arità a ortranza dell’ingenuo,
tra la legge der taglione e ‘r traccheggia’ che porta pian piano alla prescrizione.

E poi, ir perdono è una ‘osa seria, da amministra’ con parsimonia,
com’ er sale ner Medioevo, da fa’ usci’ una goccia alla vòrta …
sarvo poi apri’ quer rubinetto a tutta gargana
di fronte ar pentimento … pentimento si, ma quello vero !

Artrimenti, bèr mi’ talloccio, hai voglia te di pòrge’ ll’artra gòta …
se ‘un ti scanzi di volata,
intenderanno di sïuro, che di labbrate …
una sola … e ‘un t’è bastata !

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Pilade

Ner bèr mezzo dell'anni settanta ero pòo più d'un bimbetto e stavo di 'asa a Marina.
Una sola grande passione: anda' a ppesca' !!!
Fuss'estate o 'nverno, càrdo o freddo, come potevo .. raccatavo tutte le mi 'arabattole e 'ndavo a ppesca'.
Stavo 'n Via Maiorca e la mi' amera dava sulla strada, ir ché era una 'osa strategïa: bastava 'he m'affaciassi per pote' sape' dove anda' a ppesca', sulli scogli o a Boccadarno, a seònda se 'r mare era troppo mosso oppure no. Venivo dalla 'ampagna, ma si vede che 'r mare ce lo dovevo ave' nell'ossa.
Quante giornate passate accanto a' pescatori marinesi !!!
Zitto a guardalli... sulli scogli o su' pontili alla foce ... per impara' come facevano: l'amo der 10, der 12, l'ancorino e la girella, la lènza e ' piombini, 'r finalino e ‘r sugherino, ‘r cimino e l'incòccio, ir fondo, la pasta e la pastura.
Le sarpe, le sarpe ... troppo difficili per me a que' tempi.
"Le sarpe, e mangiano ll'erba di Boccadarno !!!" .. ma l'erba e 'un era mïa erba: era un'arga verde, lunga e sottile che cresceva appicciata alli scoglietti della foce.
Loro 'nvece, i pescatori, tiravan sù d'ugni 'osa: sarpe, spigole, occhiate, muggini ... e io ???
Io m'accontentavo d'allama' quarche saraghino o du' ghiozzetti, tanto per praca' la mi' passione di ragazzino ... tanto poi ... c'erano loro ... i gamberi: da pesca' co' retini e 'r salacchino o co' 'na lisca di baccala'.
M'infilavo tralli scogli parevo un minatore, e li ... 'un cen'era per nissuni !!!
Un giorno ero li cor mi' retino, che m'ero messo a pesca' tra le bùe delli scogli a 'na diecina di metri da un vecchio pescatore: 'un gni davo punta noia ... lui pescava a ffondo 'olla 'anna, e io lì giù, fralli scogli, cor mi’ retino.
Avevo trovato una bella bùa: ll'acqua era tranquilla com'uno spècchio, ir retino l'avevo posizionato ar bacio, colla su' esca nòva di trinca. Pratïamente ero già sïuro, quella sera, di cena' co' gamberi ... ma avevo fatto i 'onti senza ll'oste !!!
Dopo pòo ...ti vedo sbua' da 'na parte, sott'acqua, una po’po’ di testona, come d'un'anguilla, ma grossa èh ... grossa a quella maniera ellì 'un l'avevo vista mai.
Poi partì ...
A velocità costante ... "tran-si-tò" ... sopra ar mi' retino e ci mise più d'un minuto quer bestione a passa' tutto. Era un grongo, ma io 'un lo sapevo che esistevano que' giganti. Coll'occhi di fòri, continuavo a di': " 'un è possibile ", " 'un ci posso crede' ", " o ccos'è ??? ".
Stètti lì 'mpotente, a vede' passa' quer trèno sopr'ar retino ... e doppo l'urtimo vagone ... tirai su ... l'esca era sparita. Stravòrto, sortìi fòri dalli scogli ... guardai cor punto 'nterrogativo ir pescatore ... lui mi guardò carmo e disse: "Bimbooo, com'è-èè ??? E' passato Piladeee ???"
Ir giorno dopo andai a compra' un'amo “dell'uno” ... cor finalino d'acciaio, ma Pilade ... 'un s'è più visto.

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Vivo per ir Pisa

Rivisitazione in chiave curvanordaiola della canzone
"People from Ibiza" di Sandy Marton.

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Seeeguo 'r Pisa 'nsù e 'ngiù
Seguo 'r Pisa 'nquà e llà:
Io lo seguo ... in ogni cittààà ...

Pò anda' bene o pò anda' male
si po' anda' anc'all'ospedale:
chi lo sa ... come finirààà ...

Mai smetterò ... siii, finchè vivrò-òò ... di amare teee
Sono acceeesi, sempre, i tuoi colooori ... dentro di meee

Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per te-eee ...
Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per teee ...

Dimmi-si un artro còro
Facciamo tutti un còro:
Ir Pisa ... ha bisogno di nòòi

Noi si tifa anco 'n sei
ci si sgola più che maai:
con te ... ovunque tu andraiii

Mai smetterò ... siii, finchè vivrò-òò (finchè vivrò-òò ) ... di amare teee (di amare teee)
Sono acceeesi, sempre, i tuoi coloori (i tuoi colooori) ... dentro di meee (dentro di meee)

Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per te-eee ... (so-olo per te-eee)
Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per teee ... (so-olo per te-eee)

Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per te-eee ...
Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per teee ...

Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per te-eee ...
Vivo per ir Pisa,
si vive per ir Pisa:
siamo qui-ii per teee ...

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